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Basta merda in mare

L’acqua è essenziale per la nostra società e la nostra salute. Le acque reflue, se non trattate adeguatamente, possono deteriorare significativamente la qualità dell’acqua e costituiscono una delle principali fonti di inquinamento. Le conseguenze incidono negativamente sulla qualità dell’acqua potabile e delle acque di balneazione, aumentano la mortalità di pesci e favoriscono la propagazione di alghe che minacciano interi ecosistemi.

La diffusione di materiale fecale nell’ambiente (acque di balneazione e acque potabili) possono causare nell’uomo infezioni da E. Coli che provocano diarrea e dolori addominali  e possono causare malattie anche molto gravi come enteriticolite emarrogicainfezioni urinarie, meningite e setticemia.

In Italia un terzo degli scarichi urbani e industriali va a finire direttamente nei fiumi o nel mare senza alcuna depurazione: in totale si contano 927 agglomerati  di acque reflue non conformi sparsi su tutto il territorio nazionale per un carico generato totale di 29,8 milioni di abitanti equivalenti.

Procedure di infrazione:

Dal 2004 la Commissione europea ha avviato contro il nostro Paese ben quattro procedure di infrazione. L’ultimo aggiornamento, risalente a ottobre 2021, parla di 927 agglomerati considerati non conformi distribuiti in tutte le Regioni tranne l’Emilia-Romagna, il Piemonte e le province autonome di Trento e Bolzano, per un carico generato totale di 29,8 milioni di abitanti equivalenti. Le regioni più coinvolte sono: Sicilia 251, Calabria 188, Lombardia 130 e Campania 117.

Il 31 maggio del 2018 una di queste procedure di infrazione è arrivata a doppia condanna: la Corte di giustizia europea ha sanzionato l’Italia a pagare una multa forfettaria di 25 milioni di euro e una penalità di mora di 30 milioni per ciascun semestre di ritardo (pari a circa 5€ per abitante equivalente).

 Il 30 novembre è stato superato il quinto semestre, gli agglomerati che continuano a non essere conformi sono 68 distribuiti su 6 Regioni: 45 in Sicilia, 11 in Calabria, 6 in Campania, 3 in Puglia, 2 in Liguria e 1 in Friuli Venezia Giulia. Queste irregolarità sono costate agli ignari cittadini italiani già 124 milioni di euro pagati alla Commissione europea.

Le altre tre procedure di infrazione riguardano 859 agglomerati e sono sempre pendenti, in parole povere si rischiano nuove condanne e conseguentemente altrettante sanzioni pecuniarie. Per questo bisogna urgentemente intervenire, la campagna Radicale “basta merda in mare” ha un duplice obiettivo: quello di informare i cittadini su quanto sta accadendo e di avanzare proposte per superare una problematica ambientale grave soprattutto per un Paese a vocazione turistica come il nostro.

Mancanza di Trasparenza:

Su questo argomento c’è una mancanza di trasparenza totale, è difficile conoscere gli agglomerati sotto infrazione, è impossibile sapere quali iniziative vengono messe in campo per renderli conformi, è inottenibile l’informazione sull’evolversi della situazione semestre per semestre soprattutto per quanto riguarda l’ammontare delle multe. Eppure i danni ambientali sono enormi, eppure gli italiani pagano milioni di euro per sanzioni provenienti dall’Europa.

Azioni di trasparenza e di conoscenza che avrebbe dovuto mettere in campo il Commissario unico per la Depurazione, Maurizio Giugni, attraverso il portale Commissario unico depurazioni, sono rimaste senza successo: molte informazioni oggi risultano indisponibili, o disseminate in modo che non consente il loro confronto e la loro elaborazione. Questo è un grave problema che speriamo possa essere rivolto al più presto: gli italiani hanno il diritto di sapere.

Cosa abbiamo fatto:

Il 22 marzo 2021 abbiamo presentato con Emma Bonino un’interrogazione per chiedere al presidente del Consiglio dei ministri Draghi e al ministro della transizione ecologica Cingolani quanto sia l’ammontare della IV e V rata semestrale derivante dall’inottemperanza a quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea C‑251/17, in data 31 maggio 2018 e il numero e l’elenco degli agglomerati ancora non conformi.

QUI l’interrogazione di Emma Bonino al presidente del Consiglio Draghi e al ministro della transizione ecologica Cingolani.

Il 30 novembre 2020, in occasione della scadenza della V rata semestrale, abbiamo presentato una denuncia alla Corte dei conti per danno erariale contro i ministri dell’Ambiente facenti funzione all’epoca dei fatti ovvero – laddove nominati – i commissari di governo oltre ai sindaci e presidenti delle Regioni pro tempore che hanno amministrato i territori dove sono ubicati gli agglomerati fuori legge.

Cosa proponiamo:

Per quanto riguarda invece la progettazione e la realizzazione dei lavori di collettamento, fognatura e depurazione interessati anche alle procedure comunitarie aperte nei confronti dell’Italia per la violazione della Direttiva Ue sulle acque reflue proponiamo quanto segue:

  • utilizzare i fondi stanziati dal PNRR per portare a compimento i lavori .
  • rafforzare, la rete dei controlli ambientali con l’approvazione dei decreti attuativi previsti dalla legge 132 del 2016;
  • ridurre la presenza di piccoli impianti poco efficienti, diminuire la frammentazione del servizio di depurazione a favore di impianti più grandi (escluse zone montane o casi particolari);
  • ristrutturare e ammodernare l’infrastruttura fognaria e depurativa nella prospettiva di una politica ambientale sostenibile;
  • incentivare il riutilizzo delle acque reflue depurate nell’ottica dell’economia circolare;
  • incentivare impianti che possano recuperare i fanghi di depurazione poiché la linea fanghi è il punto nevralgico della depurazione.

Approfondisci:

Storia della procedura di infrazione PR 2004_2034

Storia della procedura di infrazione PR 2009_2034

Il Covid si diffonde anche tramite le acque reflue.

Video per la denuncia alla Corte dei conti per danno erariale.

L’appello al Ministro Cingolani:

Gentile Ministro Cingolani,

in queste ore Radicali Italiani ha lanciato una campagna dal titolo “basta merda in mare” per chiedere con urgenza che tutti gli agglomerati italiani abbiano un sistema di raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue in linea con la Direttiva 91/271/CEE.

Dal 2004 la Commissione europea ha avviato contro il nostro Paese ben quattro procedure di infrazione. L’ultimo aggiornamento, risalente a ottobre, parla di 927 agglomerati considerati non conformi distribuiti in tutte le Regioni tranne l’Emilia-Romagna, il Piemonte e le province autonome di Trento e Bolzano, per un carico generato totale di 29,8 milioni di abitanti equivalenti. Le regioni più coinvolte sono: Sicilia 251, Calabria 188, Lombardia 130 e Campania 117.

Il 31 maggio del 2018 una di queste procedure di infrazione è arrivata a doppia condanna: la Corte di giustizia europea ha sanzionato l’Italia a pagare una multa forfettaria di 25 milioni di euro e una penalità di mora di 30 milioni per ciascun semestre di ritardo (pari a circa 5€ per abitante equivalente).

Il 30 novembre è stato superato il quinto semestre, gli agglomerati che continuano a non essere conformi sono 68 distribuiti su 6 Regioni: 45 in Sicilia, 11 in Calabria, 6 in Campania, 3 in Puglia, 2 in Liguria e 1 in Friuli Venezia Giulia. Queste irregolarità sono costate agli ignari cittadini italiani già 124 milioni di euro pagati alla Commissione europea.

Le altre tre procedure di infrazione riguardano 859 agglomerati e sono sempre pendenti, in parole povere si rischiano nuove condanne e conseguentemente altrettante sanzioni pecuniarie. Per questo bisogna urgentemente intervenire, la campagna Radicale “basta merda in mare” ha un duplice obiettivo: quello di informare i cittadini su quanto sta accadendo e di avanzare proposte per superare una problematica ambientale grave soprattutto per un Paese a vocazione turistica come il nostro.

Su questo argomento c’è una mancanza di trasparenza totale, è difficile conoscere gli agglomerati sotto infrazione, è impossibile sapere quali iniziative vengono messe in campo per renderli conformi, è inottenibile l’informazione sull’evolversi della situazione semestre per semestre soprattutto per quanto riguarda l’ammontare delle multe. Eppure i danni ambientali sono enormi, eppure gli italiani pagano milioni di euro per sanzioni provenienti dall’Europa. Perciò la nostra campagna punta a fare chiarezza, attraverso dei dati ufficiali che abbiamo fatto fatica a trovare e a mettere insieme. Azioni di trasparenza e di conoscenza che avrebbe dovuto mettere in campo il Commissario unico per la Depurazione, Maurizio Giugni, attraverso il portale Commissario unico depurazioni. Purtroppo invece non è così, molte informazioni oggi risultano indisponibili, o disseminate in modo che non consente il loro confronto e la loro elaborazione. Signor Ministro, questo è un grave problema che speriamo possa essere rivolto al più presto: gli italiani hanno il diritto di sapere.

Per quanto riguarda invece la progettazione e la realizzazione dei lavori di collettamento, fognatura e depurazione interessati anche alle procedure comunitarie aperte nei confronti dell’Italia per la violazione della Direttiva Ue sulle acque reflue le le proponiamo quanto segue:

  • utilizzare i fondi stanziati dal PNRR per portare a compimento i lavori .
  • rafforzare, la rete dei controlli ambientali con l’approvazione dei decreti attuativi previsti dalla legge 132 del 2016;
  • ridurre la presenza di piccoli impianti poco efficienti, diminuire la frammentazione del servizio di depurazione a favore di impianti più grandi (escluse zone montane o casi particolari);
  • ristrutturare e ammodernare l’infrastruttura fognaria e depurativa nella prospettiva di una politica ambientale sostenibile;
  • incentivare il riutilizzo delle acque reflue depurate nell’ottica dell’economia circolare;
  • incentivare impianti che possano recuperare i fanghi di depurazione poiché la linea fanghi è il punto nevralgico della depurazione.

Caro Ministro Cingolani, queste sono le nostre proposte, un Paese civile non può permettersi di continuare ad avere il 30% dei comuni senza un sistema di depurazione degno di questo nome: bisogna intervenire!